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sabato 11 gennaio 2014

Pubblicato da woodpigeon alle 17:56 Nessun commento:
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CHIARO?

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IL 2 DI PICCHE

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  • ETTORE ARRIGONI DEGLI ODDI

    Nato da una nobile famiglia padovana, il giovane conte Ettore ereditò dal padre Oddo la passione per l'ornitologia. Prima ancora di intraprendere studi regolari in scienze naturali, il Nostro si pose già all'attenzione degli studiosi del tempo per la minuziosa stesura della raccolta ornitologica di Francesco Gallo di Monselice (361 esemplari, appartenenti a 235 specie avicule italiane). Nel 1889 si laureò in scienze naturali presso l'Università di Padova, conseguendo cinque anni dopo la libera docenza di zoologia.

    Il suo primo notevole contributo alla bibliografia ornitologica italiana fu la pubblicazione nel 1902 dell'Atlante ornitologico.

    Uccelli europei con notizie d'indole generale e particolare presso l'Editore Ulrico Hoepli di Milano. L'opera richiese all'Autore 14 mesi di duro lavoro, fornendo però il primo testo in italiano sull'avifauna europea. Per poter rendere disponibile il lavoro ad un vasto pubblico, l'Autore in accordo con l'Editore, decisero di arricchirlo con 50 tavole cromolitografate su licenza di una casa editrice tedesca di Stuttgart.

    Si trattava di tavole di buona fattura e di prezzo contenuto, ognuna raffigurava numerose specie di volatili. In Gran Bretagna si era da poca conclusa la pubblicazione della monumentale opera dell'ornitologo inglese Henry Eeles Dresser A History of the Birds of Europe (1871-1900) in 9 volumi e corredata da splendide tavole litografate e colorate a mano. L'opera era molto costosa e un'operazione simile in Italia era improponibile e di ciò Arrigoni degli Oddi ne era ben conscio.

    Nello stesso anno dell'uscita dell'Atlante, il Nostro si sposò con la nobildonna toscana Marianna di San Giorgio, nipote della marchesa Marianna Panciatichi Paoulucci, studiosa di malacologia e nota per le sue collezione naturalistiche, in particolare quella di uccelli venne aumentata, all'indomani delle nozze con la nipote, da Arrigoni degli Oddi, portandola a 1200 esemplari. Venne in seguito donata al comune di San Gimignano. Dopo lunghi viaggi di ricerca in Italia e in Europa, comparve nel 1904 il Manuale di Ornitologia italiana, inserito nella celebre collana dei Manuali Hoepli.

    L'opera ebbe subito un notevole successo per la ricchezza delle informazioni e il prezzo molto contenuto. Nel 1910 il conte fondò, insieme ad altri ornitologi (ricordiamo Francesco e Alessandro Ghigi), la famosa Rivista Italiana di Ornitologia.

    Allo scoppio della Prima guerra mondiale la bella villa di Ca' Oddo, dove il conte viveva, venne destinata ad uso militare. A malincuore Arrigoni degli Oddi decise di trasferire la sua collezione di uccelli paleartici, di oltre mille specie, a Bologna. Nel 1913 il conte entrò in politica e venne eletto deputato, carica che coprì fino al 1921. Abbandonata la vita politica tornò alla sua antica passione e nel 1926 pubblicò Testo esplicativo e illustrativo delle disposizioni vigenti in materia venatoria; il libro, di agile lettura, era destinato agli aspiranti cacciatori.

    Finalmente nel 1929 apparve a Milano per i tipi della Hoepli la sua opera più completa sull'avifauna italica, ancora oggi largamente consultata: Ornitologia italiana.

    L'anno dopo, Arrigoni degli Oddi decise di donare alla Stato italiano

    la sua collezione ornitologia. In seguito confluì nel 1937, insieme alla ricca biblioteca, al Museo del Giardino Zoologico di Roma, per volere della figlia Oddina.

    Furono questi gli anni più tristi e bui per il conte, il quale iniziò a peggiorare nella mente e nel fisico, finché si provvide a trasferirlo in una casa di cura a Bologna


    Columbiformes

    Ordine:

    Columbiformes

    Famiglia:

    Columbidae

    Scientifico:

    Columba palumbus

    Protonym:

    Columba Palumbus

    Tedesco:

    Ringeltaube

    danese:

    Ringdue

    Spagnolo:

    Paloma Torcaz

    Finlandese:

    sepelkyyhky

    Francese:

    Pigeon ramier

    Islandese:

    Hringdúfa

    Italiano:

    Colombaccio

    Giapponese:

    moribato

    Olandese:

    Houtduif

    Norvegese:

    Ringdue

    Polacco:

    grzywacz

    Portoghese:

    Pombo-torcaz

    Slovacco:

    holub hrivnák

    Svedese:

    Ringduva

    ALTRI SINONIMI

    Asturian: Palombu Bravui

    Bretone: Ar gudon, Kudon

    Catalan: Somorgollaire alablanc, Tudó

    Catalan (Balears): Tudó

    Valencian: Somorgollaire alablanc

    Ceco: holub høivnáè, Holub hrivnác, Holub hřivnáč

    Gallese: Colomen goed, Colomen wyllt, Ysguthan

    danese: Ringdue

    Tedesco: Ringelatube, Ringeltaube

    Inglese: Common Wood Pigeon, Common Woodpigeon, Common Wood-Pigeon, Cushat, Cushie-doo, European Wood-Pigeon, Madieran wood pigeon, Quest, Ring dove, Ring Pigeon, Ringdove, Wood Pigeon, Woodpigeon, Wood-Pigeon

    Esperanto: ringokolombo

    Spagnolo: Paloma Torcaz

    Estone: Kaelustuvi, kaelustuvi (meigas), Kaelustuvi e. meigas, Meigas, Pigeon ramier

    Basco: Pagauso, Pagausoa, Tudó

    Finlandese: Sepelkyyhky

    Faraonese: Mánadúgva, Mánansdúgva, Mánansdúva

    Francese: Palombe, Pigeon ramier

    Irlandese: Colm, Colm Coille, Colman ciolle, Colúr

    Gaelico: Calman Fiadhaich, Calman-Coille, Smudan

    Galiziano: Pombo torcaz, Tudó

    Manx: Calmane Keylley

    Ungherese: Örvös galamb

    Armeno: [Antarayin Aghavni ],

    Islandese: Hringdúfa

    Italiano: Colomba plumbea, Colombaccio, Colombaccio comune

    Giapponese: moribato

    Cornico: Cudhon

    Latino: Columba palumba, Columba palumbus

    Lettone: Lauku balodis

    Maltese: Tudun

    Olandese: Houtduif

    Norvegese: Ringdue

    Portoghese: pombo torcaz, Pombo-torcaz

    Romansh: Tidun

    Sardo: Palumba

    Scots: Calman fiadhaich, Calman-choille, Smudan

    Northern Sami: Gierdoduvvá

    Slovacco: Holub hrivnák, Holub hrivnatý

    Sloveno: golob grivar, grivar

    Albanese: Gugashi

    Zingaro volante



    La giornata si è pulita dal velo nebbioso, il cielo è d’un azzurro terso e l’autunno immerso nei colori pastello, verso il tardo pomeriggio sono di ritorno in riva al fiume con l’intenzione di associare una musica alle danze aeree dei colombacci, sono sicuro che quel volo apparentemente disordinato sia parte d’una sinfonia d’autunno.
    Munito di cuffie e piccolo registratore, m’accomodo in una poltrona d’erba, come fossi a teatro in attesa d’un concerto, i colombacci sono probabilmente lontani in qualche campo a spigolare il grano rimasto dalla trebbiatura. Quando giunge l’ora del tramonto, con i colori indefiniti e le ombre pallide, si alza il sipario sulla scena, con la palla rossa del sole abbassata sul profilo del filare degli alberi all’orizzonte, le tinte sono diventate forti e un leggero velo di nebbia aleggia sul fiume.
    Accendo il concerto per due violini di Bach e il corpo di ballo dei colombacci entra in scena Musica e volo si accordano in magica armonia, la melodia delle note regala alla danza un’effimera leggerezza, in un’alternanza di ritmi lenti e veloci, lo stormo si allarga e si stringe, poi s’allunga creando onde che sembrano infrangersi, per riunirsi nuovamente in un tozzo gruppo, come se seguisse le note. I primi ballerini escono dal gruppo librandosi veloci nei colori del tramonto, seguiti dalla nuvola dei danzatori che si allargano come un grande ventaglio, seguendo linee precise s’allungano in una sottile silhouette che taglia il tondo rosso del sole, combinandosi a meraviglia con la musica e la maestosa scenografia come se tutto uscisse dalla matita d’un coreografo.
    A fine spettacolo l’ardente palla di fuoco del sole è andata a riposo oltre l’orizzonte, cala il sipario della notte con le spesse tende di velluto scuro, abbasso la musica, mi alzo in piedi con un applauso, mentre i danzatori ritornano ai camerini in cima ai pioppi.
    Con solennità, come uscissi dalla platea d’un teatro, seguito dal mio cane di San Bernardo che tra una grattata e un sonno mi ha tenuto compagnia, riprendo la via di casa; mentre cammino osservo il mio vestito inadeguato per una sera a teatro: scarponi consumati da lunghe camminate sui monti, maglione e berretta di pesante e colorata lana andina. - Non sarà questo il modo d’andare a teatro ? - Il mio cane mi guarda scuotendo sconsolato la testa - La prossima volta, noleggio un frac !

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    L'ornitologia nell'antichità
    Gli uomini devono aver osservato gli uccelli fin dai tempi più remoti; i più antichi disegni di uccelli risalgono al paleolitico. Del resto, gli uccelli erano fin da allora oggetto di caccia e fonte primaria di cibo; negli scavi archeologici risalenti al Paleolitico sono state identificate ossa di almeno 80 specie diverse di uccelli . Tanto la caccia quanto la domesticazione e l'allevamento degli uccelli presuppongono che fosse disponibile una buona conoscenza del loro comportamento.
    Le testimonianze scritte dell'antichità manifestano precocemente l'interesse per gli uccelli. I Veda (1500-800 a.C.) già riportano osservazioni accurate, per esempio nella descrizione del parassitismo praticato dal cuculo asiatico
    Incidentalmente, le antiche testimonianze scritte forniscono anche indicazioni preziose sull'antica distribuzione delle specie. Per esempio, Senofonte riferisce dell'abbondanza di struzzi in Assiria , mentre oggi gli struzzi vivono allo stato selvatico solo in Africa.
    Zeus con un'aquila su un vaso greco, Museo del Louvre
    Nel IV secolo a.C., Aristotele nella sua opera(generalmente nota sotto il nome latino di Historia animalium = Storia degli Animali) dedica ampio spazio agli uccelli, ivi compresi aspetti etologici come le migrazioni e fisiologici come gli organi interni, la deposizione delle uova e la longevità. Ci sono però anche degli errori, alcuni dei quali hanno avuto largo seguito nel tempo, proprio a causa della celebrità e competenza dell'autore, per esempio l'affermazione che le rondini vadano in letargo d'inverno (pur riconoscendo le loro migrazioni).
    Va menzionata anche l'opera enciclopedica Naturalis Historia (Storia Naturale) di Plinio il Vecchio (I secolo d.C.), il cui decimo libro è in gran parte dedicato agli uccelli. Plinio classificava gli uccelli primariamente in base alla forma delle zampe.
    A cavallo tra il II e il III secolo d.C., Claudio Eliano scrisse (Perì Zòon Idiòtetos = Natura degli Animali), che elenca in ordine alfabetico, tra gli altri animali, 109 specie di uccelli. L'opera è però poco accurata dal punto di vista scientifico.
    L'ornitologia nel Medioevo
    All'inizio del XIII secolo, Federico II di Svevia si procurò un trattato arabo sulla falconeria e lo fece tradurre in latino. Nei decenni seguenti approfondì la materia, compiendo anche alcuni esperimenti (p.es., coprendo gli occhi agli avvoltoi, concluse che essi trovavano il cibo per mezzo della vista e non dell'odorato). Questi studi furono pubblicati nel 1240 sotto il titolo di De Arte Venandi cum Avibus (L'Arte di Cacciare con gli Uccelli), considerato uno dei primi testi di etologia degli uccelli .
    Le traduzioni dall'arabo in latino (di cui è un esempio il trattato nominato qui sopra) furono molto importanti nel Duecento e, per quanto riguarda l'ornitologia, fecero conoscere in particolare la Historia animalium di Aristotele (tradotta da Michele Scoto poco prima del 1220).
    In questo secolo vennero prodotte anche opere naturalistiche originali o semi-originali. Vincenzo di Beauvais scrisse lo Speculum Naturae (Specchio della Natura, prima metà del secolo) in 32 libri, di cui due dedicati a uccelli e pesci. Alberto Magno scrisse il De Animalibus (Gli Animali, 1252), che elenca tra l'altro 114 specie di uccelli, rifacendosi in parte agli antichi e in parte a nuove osservazioni; particolare fortuna ebbe il capitolo dedicato ai falchi.
    L'ornitologia nel Cinquecento e nel Seicento
    Confronto tra uccelli e uomini nella Storia della Natura degli Uccelli di Pierre Belon, 1555
    Nel Cinquecento ci fu un fiorire di scritti di carattere ornitologico. Citiamo qui solo i più noti in ordine cronologico.
    Nel 1544 l'inglese William Turner pubblicò una Historia Avium (Storia degli Uccelli).
    Nel 1555 lo svizzero Conrad von Gesner pubblicò De Avium Natura (Natura degli Uccelli), tradotto subito dal latino in tedesco (Vogelbuch = Libro degli Uccelli, 1557), nel quale sono elencate in ordine alfabetico 217 specie di uccelli, ciascuna illustrata con un'incisione in legno e completa d'informazioni sull'aspetto, l'anatomia, la distribuzione, il comportamento.
    Nello stesso anno, il francese Pierre Belon pubblicò l'Histoire de la Nature des Oyseaux, avec Leurs Descriptions et Naïfs Portraicts Retirez du Naturel (Storia della Natura degli Uccelli, con le Loro Descrizioni e Semplici Ritratti Presi dal Naturale), contenente le descrizioni di circa duecento specie. Il suo confronto tra lo scheletro umano e quello degli uccelli è considerato una pietra miliare negli inizi dell'anatomia comparata.
    Intorno al 1572 l'olandese Volcher Coiter, che aveva studiato approfonditamente le strutture interne degli uccelli, nel De Diferentiis Avium (I Diversi Uccelli) propose una classificazione di questi animali basata sulla struttura e sul comportamento.
    Copertina dell'Ornitologia di Ulisse Aldrovandi, 1599
    In Italia,
    File:AldrovandiOrnithology.jpg
    il naturalista bolognese Ulisse Aldrovandi pubblicò nel 1599 un testo intitolato Ornithologiae Hoc Est de Avibus Historiae Libri XII (Ornitologia Ossia Storia degli Uccelli in 12 Libri), a cui si aggiunsero due ulteriori volumi nel 1600 e nel 1603, per un totale di oltre 2000 pagine interamente dedicate all'ornitologia.
    L'umbro Antonio Valli da Todi pubblicò nel 1601 Il Canto de gl'Augelli, opera nella quale, tra le altre cose, esplicita la relazione tra territorio e canto.
    Antonio Valli da Todi scrisse nel 1601 un'opera intitolata Il canto de gl'augelli
    File:ValliDeTodi1601.jpg
    Nel 1676 Francis Willughby pubblicò Ornithologiae Libri Tres (Ornitologia in 3 Libri), completato da John Ray, al quale si deve anche un'altra ornitologia pubblicata postuma nel 1713 sotto il titolo di Synopsis methodica avium et piscium. In queste opere viene proposta una classificazione basata su criteri morfologici più che esteriori e comportamentali.
    L'espansione delle rotte commerciali e la colonizzazione delle Americhe portò alla descrizione di nuove specie. Un importantissimo contributo in questo senso fu dato da Charles de l'Écluse, generalmente conosciuto con il nome latinizzato di Carolus Clusius. Benché prevalentemente botanico, questo francese che viveva nei Paesi Bassi ebbe modo di vedere reperti provenienti da ogni parte del mondo, portati dai navigatori, e nel 1605 pubblicò Exoticorum Libri Decem (Cose Esotiche in 10 Libri), nel quale, tra l'altro, vengono descritte molte nuove specie di uccelli, come il casuario, il pinguino di Magellano, l'ibis rosso ecc.
    Tra i tanti altri studiosi che descrissero specie nuove, ricordiamo qui il danese Ole Worm (latinizzato come Olaus Wormius), che descrisse l'uccello del Paradiso e il geografo Georg Markgraf, i cui appunti servirono a Johannes de Laet per l'ultimo volume della Historia Naturalis Brasiliae (Storia Naturale del Brasile, 1648), contenente 133 specie di uccelli.
    L'ornitologia nel Settecento
    Il Settecento è il secolo in cui Linneo pubblica le sue opere e in particolare il Systema Naturae (Sistema della Natura, 1ª edizione 1735, 13ª edizione 1770), nel quale viene delineata una rigorosa classificazione delle specie animali e vegetali e tra queste degli uccelli, con la fondamentale introduzione della nomenclatura binomiale.
    Un'altra opera di grande risonanza (benché meno importante di quella di Linneo) fu scritta da Buffon: l' Histoire Naturelle Générale et Particulière (Storia Naturale Generale e Particolare) in 36 volumi, dei quali nove sono dedicati agli uccelli (dal 16° al 24°, pubblicati tra il 1770 e il 1785).
    Ci furono anche opere più specialistiche, tra le quali va ricordata l'Ornithologie (Ornitologia) di Brisson, in sei volumi, pubblicata nel 1760.
    L'ornitologia nell'Ottocento
    Abbozzo zoologia
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    Le ricerche scientifiche si focalizzarono inizialmente soprattutto su oggetti da raccogliere, come uova e nidi
    A cavallo tra il Settecento e l'Ottocento prese forma l'esplorazione sistematica delle faune ornitologiche esotiche, che aveva avuto dei precursori meno specializzati fin dal Seicento. Le Vaillant pubblicò i risultati delle sue esplorazioni nei sei volumi dell'Histoire Naturelle des Oiseaux d'Afrique (Storia Naturale degli Uccelli d'Africa) (1796-1808). A Viellot si deve l'Histoire Naturelle des Oiseaux de l'Amerique Septentrionale (Storia Naturale degli Uccelli dell'America Settentrionale) (1807-1808), frutto di dieci anni di ricerche sul campo, oltre ad altre opere ornitologiche tra cui l'Ornithologie Française (Ornitologia Francese, 1823-1830).

    Migrazioni e...

    Il colombaccio abbandona le regioni più settentrionali in autunno per poi ritornarvi in primavera. Le popolazioni dell’Europa nord-orientale svernano nell’Europa occidentale e nel bacino del Mediterraneo.
    La specie è quasi totalmente migratrice nella Penisola Scandinava e in Europa orientale. La componente migratrice della popolazione diminuisce progressivamente verso ovest e verso sud, fino ad essere prevalentemente sedentaria in Europa meridionale, Asia Minore e nelle zone costiere occidentali della Gran Bretagna settentrionale.
    I movimenti migratori cominciano a settembre e proseguono fino ai primi di dicembre.
    Il picco dei movimenti migratori verso sud avviene in ottobre ed è largamente influenzato dagli eventi climatici.
    La migrazione di ritorno avviene prevalentemente nei mesi di marzo-aprile. Le principali rotte migratorie seguono vie preferenziali, tradizionalmente note nell’ambiente venatorio, che possono determinare in taluni anni il passaggio in aree ristrette e in pochi giorni di enormi contingenti.
    Nel 1974, in una località del massiccio del Giura (Svizzera) sono stati contati in un solo giorno oltre 600.000 individui.
    Spesso sui monti del Matese e nelle aree circostanti, dall’autunno alla primavera, ai colombacci stanziali si aggiungono in buon numero quelli svernanti provenienti dall’Europa centro-settentrionale.


    Ornitologia


    Un po' di cultura ornitologica

    La categoria degli uccelli presenta specie con caratteristiche quanto mai differenziate tra di loro, che altro non sono che il risultato di un lungo adattamento evolutivo al loro tipo di vita.
    Come per esempio la struttura alare di un fagiano o di una starna, uccelli tipicamente stanziali, si differenzia notevolmente da quella di una beccaccia o da un tordo, che sono uccelli tipicamente migratori.
    La stessa struttura corporea completa, l'apparato alimentare, le abitudini si differenziano notevolmente da un uccello all'altro.
    Le specie, appartenenti agli uccelli oggetto di caccia e di protezione e presenti in Italia, fanno capo ai seguenti ordini: anseriformi, caradriformi, columbiformi, galliformi, passeriformi, gruiformi.
    Gli anseriformi, a cui appartiene la famiglia degli anatidi, sono diffusi sia nei climi caldi che nei climi freddi e migrano in stormi numerosi.
    Ad essi appartengono: Germano Reale, Marzaiola, Codone, Moriglione, Moretta, Alzavola, Canapiglia, Fischione, Mestolone.
    Caradriformi: sono tra i più compositi della classe degli uccelli per la sua ampiezza ed eterogeneità.
    Molti dei Caradriformi, per poter ricercare il cibo, stanziano anche in zone d'acqua più o meno profonda; esistono però delle eccezioni quali la beccaccia.
    Il piumaggio di entrambi i sessi nei Caradriformi è pressoché simile, sebbene sussistano alcune eccezioni.
    Conducono in famiglia vita gregaria a eccezione di beccaccia e frullino. Sono generalmente specie monogame e nidificano per lo più al suolo e i piccoli sono nidifughi.
    Questa categoria, detta anche degli scolopacidi, contempla: Beccaccia,Beccaccino, Chiurlo, Combattente, Pittima reaale, Pittima minore, Pettegola, Frullino.
    piccione2
    Columbiformi: comprendono uccelli di media grandezza, caratterizzati da forme pesanti con becco non molto lungo. Le ali sono estese e appuntate con coda piuttosto lunga, zampe corte e robuste con dita ben sviluppate, che permettono un ottimo appoggio sui rami degli alberi.
    Il piumaggio dei Columbiformi è compatto e resistente, quasi identico in entrambi i sessi.
    L'ambiente naturale dei Columbiformi è costituito da boschi, campagne alberate e parchi cittadini. Il loro organismo necessita di molta acqua che sono in grado di succhiare senza dover ogni volta alzare il capo per deglutire.
    Tra i Columbidi più conosciuti: Colombaccio e Tortora.
    Quella dei Galliformi è una categoria di uccelli che annovera circa 250 specie; comprende le più importanti specie domestiche, alcune appartenenti alla fauna pregiata (fagiano, starna, pernice, coturnice).
    Il corpo dei Galliformi è generalmente tozzo, le ali sono corte e poco adatte al volo, mentre al contrario le zampe sono robuste, costituendo il più importante organo di movimento rapido.
    Tra i vari uccelli, il piumaggio dei galliformi spicca per lo sviluppo e le colorazioni: le livree sono spesso più appariscenti nei maschi, che nelle femmine, dimostrando uno spiccato dimorfismo sessuale.
    La prole dei Galliformi è attiva e i pulcini appena usciti dall'uovo sanno procurasi il cibo da soli.
    La maggior parte delle specie di Galliformi vive a terra in ambienti boschivi o coperti.
    I Galliformi si dividono in:
    - Tetraonidi, più conosciuti: Gallo Cederone, Gallo Forcello, Pernice Bianca, Francolino di Monte.
    - Fasianidi: Coturnice, Fagiano, Starna, Pernice Rossa, Pernice Sarda, Quaglia.
    Fagiano
    I Passeriformi sono il più ricco ordine di uccelli, per specie e per numero (comprende circa la metà degli uccelli della terra). Solo in Italia vi appartengono circa 150 specie.
    L'ordine dei Passeriformi comprende specie molto piccole, come ad esempio il regolo, o molto grandi come lo può essere il corvo imperiale, tutte in prevalenza arboricole.
    Si caratterizzano per zampe dotate di 4 dita e unghia sull'alluce. I pulcini dei Passeriformi sono nidicoli e inesperti e tutte le specie possiedono altissima abilità nel volo aereo.
    Quattro le categorie che contraddistinguono i passeriformi:
    - Turdidi: Tordo Bottaccio e Tordo Sassello, Cesena, Merlo;
    - Sturnidi: Storno;
    - Fringillidi: Peppola e Fringuello.
    - Corvidi: Corvo, Cornacchia e Cornacchia Grigia, Gazza, Ghiandaia, Taccola.
    La tipologia dei Gruiformi presenta invece soggetti dagli elementi distintivi molto diversificati fra di loro, a cominciare dalle dita non palmate ma a volte lobate, al becco frequentemente proteso, collo allungato e zampe sono prive di penne.
    Di questo ordine si distingue la famiglia dei rallidi, cui appartengono: Porciglione, Folaga e Gallinella d’acqua.


















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    In ottobre le selve toscane si arricchiscono di nuovi voli: puntuali, attesi come di consueto al seguito dei numerosi migratori autunnali, branchi via via più consistenti di colombi invadono le zone alberate e scendono sui campi limitrofi, dopo aver trasvolato velocemente l'arco alpino e il settentrione d'Italia, provenienti dall'Europa centrale.
    Facilmente riconoscibili in volo per la grande statura e un'evidente fascia bianca lungo il bordo delle remiganti primarie, i colombacci (Columba palumbus) si radunano a centinaia e migliaia per svernare nelle località più favorevoli e tranquille; si tratterranno sino a febbraio-marzo, lasciando solo poche coppie in loco ad espletare il ciclo riproduttivo.
    Accorto e vigile nei confronti dei molti nemici naturali, questo columbide divide il proprio tempo fra il riposo, ben celato nella ramaglia delle chiome, e l'approvvigionamento alimentare, effettuato soprattutto nei vasti campi aperti e nelle coltivazioni cerealicole prospicienti il bosco. Appetisce una rimarchevole gamma di sostanze, in larghissima misura di origine vegetale, grani e semi di erbe selvatiche e coltivate, germogli, radichette, foglie e parti fiorali, frutti forestali, integrate da pochi invertebrati terrestri; parte del cibo viene sempre trattenuta nel gozzo per essere assimilata durante le ore di riposo. Gli è poi indispensabile la presenza di abbeverate sicure, che visita periodicamente, in genere sempre agli stessi orari; il liquido è assunto a lunghe sorsate come tipico di tutti i columbidi, senza dover staccare il becco per deglutire. Buona parte degli spostamenti giornalieri vengono effettuati in piccoli gruppi, ma sui luoghi di pastura e ancor più nei consueti dormitori notturni possono radunarsi centinaia di individui.
    Trascorso l'inverno ed avvenuta la partenza della consistente massa dei migranti, le poche coppie residenti si disperdono nei settori più indisturbati per dedicarsi con molta discrezione alla nidificazione. Il profondo tubare dei maschi, qualche volo nuziale, a saliscendi planati nel cielo, e i corteggiamenti "a ruota", petto rigonfio, sul terreno, preludono all'accoppiamento e alla scelta del sito per la costruzione del nido, che compete al maschio. Un modesto intreccio di stecchi, poco voluminoso, appoggiato sulla biforcazione di un albero, ospita normalmente le due sole uova bianche caratteristiche un po' di tutti i Columbidi.
    I giovani, ricoperti alla nascita di un rado piumino biancastro, ciechi e inetti, sono nutriti inizialmente con una speciale sostanza, "latte di piccione", secreta da apposite ghiandole nel gozzo dei genitori, più tardi sostituita da semi e grani ammorbiditi e predigeriti. Vengono deposte 2 o più covate annue.
    Il colombaccio è diffuso un po' ovunque in Italia come specie nidificante e parzialmente sedentaria, sino alle medie quote, senza raggiungere tuttavia in alcun luogo le elevate densità che si registrano in varie parti d'Europa; ben più numerosi restano gli individui migratori e svernanti che dai paesi centreuropei si portano in autunno verso il bacino del Mediterraneo.
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